“Il tennis è boxe senza contatto”. Così Andrè Agassi lo definisce nella sua biografia. È proprio quello che è accaduto sui campi in cemento di Flushing Meadows, dove sono in corso gli US Open. A salire sul ring erano: un peso massimo come Serenona Williams (numero1 al mondo) e la nostra Flavia Pennetta (numero 12). Flavia parte subito come un siluro, col suo tennis spumeggiante e spregiudicato, tipico di chi sa di non avere nulla da perdere. È determinatissima, negli occhi si legge quanto sia desiderosa di questa vittoria. Incredibile ma vero: è avanti 3-0 nel primo set. Sembra il preludio a qualcosa di meraviglioso per tutti noi italiani. Ma purtroppo per noi e per Flavia, l’incantesimo si spegne troppo presto: l’immensa Serena, come al solito, non ci sta ed inizia a prendere tutto, rispedendo al di là della rete dei ganci e dei montanti davvero imprendibili e imprevedibili. La Pennetta è brava a reggere l’urto, ma a furia di resistere, il muro si spacca in due. Primo set Williams. Ora il divario sembra insormontabile, io trattengo il fiato e tra me e me sussurro: “Dai Flavia, credici! Credici! Hai ancora tempo”. Lei lo fa (o almeno ci prova): si carica, si dimena, si incita, cercando una risposta che non c’è. Ormai è troppo tardi, Serena viaggia veloce verso la semifinale: è impossibile riprenderla. Gioco partita e incontro Williams: 6-3 6-2, stretta di mano cordialissima e via. Ma Flavia dev’essere orgogliosissima, ha giocato benissimo per tutto il torneo, riuscendo a tener testa (anche se solo per tre games) alla più forte di tutte e lottando punto a punto. Cosa le si può chiedere di più? Flavia per noi la partita l’hai vinta tu.
Dario Ricciardi
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