Nole Dijokovic che mangia l’erba come solo un purosangue farebbe: è la fotografia perfetta della gioia per il suo terzo successo, tre volte come Boris Becker, un grande che oggi fa il suo allenatore. Un rapporto non facile che sta rendendo un forte giocatore un tennista quasi imbattibile.E’ l’immagine che chiude Wimbledon 2015, forse non la finale più bella, ma sicuramente la più regale. Siamo nel tempio del tennis, molto più che uno stadio dei sogni. Qui è tutto reale e magico al tempo stesso.
Il tennis è una gara di resistenza, boxe senza contatto, dove nessuno vuole cadere al tappeto. La dimostrazione è arrivata proprio dall’ennesima straordinaria finale dei Championships londinese, il torneo di tennis più nobile, bello ed antico del mondo. A salire sul ring sono due pesi massimi come Novak Djokovic e Roger Federer. I due percorrono il tunnel che porta al campo centrale assieme, l’uno dietro l’altro, senza guardarsi mai negli occhi. La tensione è percepibile anche ad un miglio di distanza. Si parte! Roger schiaccia subito il piede sull’acceleratore, con un servizio dalla precisione millimetrica, ma dall’altra parte della rete c’è l’uomo di gomma, il leone indomabile definitelo come volete, ma a Nole Djokovic bastano pochi minuti per accendere l’interruttore e nessuno lo ferma più. Roger cerca di abbattere il suo muro, ma a forza di spolverare righe, trovando grandissima profondità nei colpi, il muro serbo respinge qualsiasi cosa. Federer non ci sta e trascina il set e quindi la partita: si va ai tie break. Il Centrale del All England Club adesso è una bolgia e non bisogna consultare oracoli speciali per capire da che parte si schiera il pubblico. E’ una battaglia di nervi, vince chi ha più benzina nel serbatoio. Il secondo set illude tutti che il tempo si sia fermato, che Federer sia sempre il più grande: l’uomo delle dieci finali non ci sta a perdere, trentaquattro anni non sono un peso, ma una carica supplementare di energia. Non a tutte le favole riesce il lieto fine, non a quella di re Roger, freddo fuori e desideroso di stupire come un ragazzino. Nole gira veloce le pagine di questa storia, il tie break del terzo set è l’inizio lento del declino che non vorremmo finisse mai. Il declino di un campione, l’esaltazione di un altro, più giovane e ancora senza limiti per il futuro. Allo stadio tutti in piedi per l’intramontabile, gli applausi vorrebbero trasformare la sconfitta in una vittoria, ma è impossibile fermare il tempo. Non ci riesce neppure l’immarcescibile duca di Kent, il presidente che ha premiato tutti i grandi campioni che hanno viaggiato a cavallo tra i due secoli. In piedi anche per Nole, il leone che per ora l’età rende indomabile. Lui pensa solo al sapore dell’erba. Fa i complimenti al giardiniere e ordina già la prossima porzione: arrivederci al 2016.
Dario Ricciardi